mercoledì 3 aprile 2013

L'alta moda, gli stilisti, gli artisti, le visioni, gli spazi, le interferenze.. Da mondi possibili a mondi vivibili.

di Cristina Senatore

Gli stilisti attraverso le loro creazioni animano i mondi che altri immaginano o desiderano. Danno voce ad esigenze e desideri. Mostrano quello che è possibile. Quello che potrebbe o dovrebbe essere. è questo forse il senso dell'alta moda, della moda quando ha un senso.. tradurre le visioni in spazi abitabili, cioè desiderabili da tutti perché comprensibili da tutti, nei quali vigono nuovi equilibri, nei quali è possibile ribaltare le situazioni e i punti di vista.

Per questo potere che ha la moda di realizzare, dare concretezza a mondi immaginari, è particolarmente importante per le sue enormi potenzialità l'incontro tra la moda e l'arte. La creazione di alta moda ha senso che incontri l'arte quando incontra le visioni degli artisti e non quando li scimmiotta in quelle collezioni che li celebrano traducendo pedissequamente in texture i loro segni e colori.


Salvador Dalì è sicuramente l'artista che ha meglio compreso e sfruttato questo potere della moda e della moda unita all'arte e per questo vi si avvicina... Elsa Schiaparelli era l'unica che poteva rendere concrete le sue visioni, l'unica che poteva fare andare le persone in giro con una scarpa in testa o un'aragosta addosso... Il mondo della moda, le vetrine, le riviste, le pubblicità, le passerelle, erano il mezzo che quel gran "approfittatore" (come Dalì stesso si definiva) aveva individuato per diffondere e portare alla gente la sua visione delle cose. Alla gente, a tutti, al di là dei confini del mondo dell'arte, nei quali se fosse rimasto, probabilmente non sarebbe sopravvissuto a lungo a causa di una critica ingiusta che lo voleva, e lo vuole tuttora, inferiore fra i surrealisti di cui ritiene che Dalì abbia mescolato le visioni e le intuizioni per approdare ad ibridi di inferiore valore concettuale ed espressivo. 
"A causa mia un giorno si sarà costretti ad occuparsi della mia opera" (S. Dalì, Diario di un genio, SE, Milano, 1996, p.45)



Il messaggio che portava Dalì, la sua visione delle cose -sulla centralità della donna, sulla società, sul metodo stesso per leggere l'intorno e agire al suo interno - era difficile da fare arrivare alla gente e persino a chi si intendeva o si intende di arte, il suo messaggio si sarebbe perso se l'artista non avesse trovato il modo per diffonderlo. Fiducioso, egli credeva che con il tempo qualcuno avrebbe capito o almeno avuto la bontà di studiarlo un po' oltre le apparenze.. 

A volte il tempo che ci è dato non è sufficiente, Dalì era consapevole di avere precorso i tempi e che in suo potere era solo di legare le sue visioni all'immaginario collettivo per assicurargli, diceva lui, l'immortalità, comunque per garantirgli una vita lunga affinché approdassero ai tempi maturi per accoglierne o almeno discuterne il senso. Era per il momento importante disegnare la donna con la testa fiorita e diffonderla, attraverso le pagine pubblicitarie, una cover di Vogue o addirittura attraverso un cartone animato (vedi "Destino" disegnato per Disney nel 1945-46).. poi fissata l'immagine qualcuno si sarebbe chiesto che senso avesse, avrebbe poi scavato, oppure senza scavare, Dalì avrebbe contribuito ad "inquinare i sogni" della gente comune che avrebbe agito di conseguenza... si chiamano "interferenze". 






[Immagine da Gabriele Mina*, che ringrazio per la black box]