martedì 4 dicembre 2012

The Daily Facebook | N.25 del 04.12.2012_L'Architettura, la Chiesa, il Sacro e la Crisi della (loro) Forma.

[The Daily Facebook è una rubrica di questo Blog. Una sorta di Diario del diario di fb. Non però una cronologia, piuttosto un resoconto assolutamente NON obiettivo. Un esperimento. Una restituzione di quello che succede sulla mia pagina Fb (e sulle pagine dei miei contatti) giorno per giorno. Una mappa sentimentale, costruita su legami e logiche assolutamente personali. Messi insieme secondo una logica dichiaratamente arbitraria. Una visione palesemente distorta (e perciò sentimentale) di ciò che accade, di quello che vedo, di quello che attira la mia attenzione. Brevi storie fatte di frammenti, che non vogliono essere punti di arrivo, ma s-punti di partenza]

Ieri, scorrendo la mia home di fb ho notato che sulle loro pagine due fra i miei contatti, Michele Vassallo e Beniamino Servino, hanno pubblicato rispettivamente e quasi contemporaneamente questi due contenuti:




 "Meditazioni sul sacro. Della meraviglia e della familiarità/Meditations on the sacred. About wonder and familiarity." disegno di Beniamino Servino. 

disegno di Beniamino Servino

Il primo è un video di youtube girato all'interno del meeting di "Comunione e Liberazione" che ha avuto luogo nel 2011 a Rimini. Di cui trascrivo alcune parti dell'audio: 
(parla l'autore del video, Saverio Tommasi:)"Una chiesa privata in linea con gli umori della destra italiana, confidente di banchieri e imprenditori, è il volto di Comunione e Liberazione che ogni anno si ritrova a Rimini in nome dell'amicizia e ne esce rinnovata negli affari. Comunione e Liberazione ha oggi uomini chiave negli istituti di credito, banche e fondazioni. [...] Il meeting è una grande fiera, si vende tutto, senza distinzione, automobili, le monete con la faccia di papa Ratzinger.. il folletto.  Gli sponsor: Novartis, Banca San Paolo, Eni, FinMeccanica, il Casinò, la Nestlè..  
(parla uno degli intervistati:) "Le vie cui il Signore cerca di prenderti sono tutte, io ho conosciuto il movimento per una questione di "morroidi"" 


Poco sotto i post di Servino e Vassallo, sulla home di fb, compare questa fotografia pubblicata da El Mercadillo:



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Un video pubblico che documenta un evento che coinvolge centinaia di persone e di aziende (quindi con un peso e una rilevanza sul piano economico e sociale) e che si sviluppa intorno alla chiesa (cattolica) e al senso che questa costruisce (e ha costruito nel tempo) del sacro. Da un lato. Un disegno che è espressione di una riflessione privata su aspetti intimi legati alla propria esperienza e al proprio vissuto, dove il concetto di sacro non ha niente a che fare con la chiesa. Dall'altro. 

Due contenuti distanti, che però si connettono tra loro in alcune mie riflessioni sul tempo nel quale viviamo e sulle trasformazioni in atto. Trasformazioni che mi impressionano per la loro radicalità, ma soprattutto per il numero di ambiti che interessano, contemporaneamente e a più livelli e per i mezzi che hanno a disposizione della loro diffusione ed attuazione  (tra cui internet, social network annessi).

Sulla spinta di alcuni fattori scatenanti, non in ultima la crisi economica di questi anni, la struttura della società va sgretolandosi come fosse un castello di sabbia, uno ad uno vanno svuotandosi di senso i sistemi che le danno forma.  Il "luogo" nel quale la crisi ha sede, e dunque nel quale le trasformazioni si consumano, è la spaccatura profonda che si è creata tra la dimensione intima e privata dell'uomo e la sua dimensione pubblica, di individuo facente parte di una comunità organizzata in forme nelle quali non si riconosce più. 
Così come Servino ne fa una questione di forma in architettura, parlando di una città, quella attuale, che non ci assomiglia più e di una "non-ancora-città" che si affaccia come bisogno, su scala più ampia si può affermare che la causa della crisi sta nella non corrispondenza della forma di ciò che scaturendo da un bisogno istintivo nasce spontaneo e si evolve naturalmente sul piano individuale con quella di ciò che invece, maturato più lentamente e secondo logiche ormai superate, ha dato forma alla società, al luogo cioè dove gli individui si ritrovano e che è fatto dell'insieme degli individui stessi. 

Il problema dunque è un problema di forma ma anche di velocità. 

E' in atto una ri-generazione di tutto ciò che costituisce il tessuto connettivo della società, sistemi economici, finanziari, politici, non in ultima è da considerare la sfera spirituale e il senso e il significato del sacro. 

Da tempo ho la sensazione che si stia in punta di piedi sull'orlo di un abisso aperto su un nuovo Umanesimo, inteso come momento storico nel quale l'uomo con la sua dimensione privata e intima di individuo venga posto al centro nella ricerca di nuovi, forse inediti, equilibri. 

L'idea di un nuovo Umanesimo richiama automaticamente l'idea di un nuovo Rinascimento e il concetto di humanitas attorno al quale esso ha gravitato in passato. Beh, non è detto che il nuovo umanesimo induca ad un nuovo rinascimento basato sull'esaltazione rinnovata dell'intelligenza e della creatività umana. Non è da dimenticare che fanno parte della natura umana i sentimenti più nobili come gli istinti più bassi. Che i nuovi sistemi di connessione e di espressione degli individui, manipolando il concetto di "comunità" spingono in realtà verso un forte individualismo, direi verso il desiderio di un protagonismo sfrenato, addirittura parlerei di cannibalismo identitario, dove per affermare la propria identità si tende a sopraffare quella degli altri. 
Non più tardi di qualche settimana fa lo diceva Salvatore Iaconesi su Fb: "la Community è una invenzione aziendale". 
Apparentemente democratici, fondati sul to share, i nuovi mondi virtuali, infatti, a cui tutti possiamo con facilità accedere e che possiamo con la stessa facilità addirittura creare, di fatto portano alla demolizione del senso, del significato di "comunità", [co-mu-ni-tà] s.f. inv.: Molteplicità di persone considerate come entità organica sotto il profilo sociale, politico, culturale ecc.. 
Nelle nuove realtà virtuali la comunità viene intesa (e trattata) solo come pubblico al quale mostrarsi al fine di piacere. La condivisione, to share, di pensieri e contenuti è in realtà un appropriarsi di pezzi che servono ad edificare i propri mondi secondo la propria immagine e somiglianza. Il condividere assume la valenza del mostrare attraverso l'appropriazione. Si verifica una specie di meta-teatro nel quale attori e pubblico coincidono, dove il palcoscenico è il terreno comune a tutti, dove ogni attore considera pubblico gli altri. Ma non tutti gli altri. Infatti l'attore che può da solo scegliersi, costruirsi il pubblico, come è naturale si costruisce un pubblico che lo porta al successo pieno: il pubblico è (nel mondo virtuale/ideale) l'insieme dei miei contatti, che posso cancellare e rimpiazzare con altri, se voglio, in ogni momento. Ci si disabitua alla critica e alla autocritica. Il che finisce per alimentare in maniera mostruosa un profondo sentimento di intolleranza. 

Da non trascurare in questo contesto sono le trasformazioni che subisce il linguaggio che viene assoggettato alle esigenze di spazio e di tempo dettate dal mezzo (ancora una volta un problema di forma, una incongruenza sul piano formale). La lingua si frantuma, viene storpiata con abbreviazioni che ne mortificano anche il suono e la musicalità. Il dialogo si fa frammentato, ridotto al minimo, ha luogo in chat. La comunicazione diventa rarefatta. Tutto ciò favorisce l'isolamento degli individui, la distruzione della comunità, rendendo difficile la determinazione di nuove forme per la collettività e dunque una risoluzione della crisi. 

Lo scenario è apocalittico. Eppure una via d'uscita c'è. Sarebbe quella di ri-considerare e ri-partire dalla propria natura umana, ri-attivando, rendendo cioè di nuovo attivo, attualizzandolo, il sentimento di pìetas!

Il concetto di pìetas ha attraversato i secoli e si è andato svuotando e riempiendo di vari significati, in esso però sono sempre rimasti validi quei vincoli che garantiscono la continuità della società civile e connettono la natura e le esigenze dei singoli con le esigenze della collettività. Vincoli che si basano sul rispetto e sulla considerazione di se stessi quanto degli altri e che portano ad ascoltare e rispettare, a tenere cioè in considerazione i processi che hanno portato alla definizione di determinate forme. 

A questo punto del ragionamento mi torna in mente prepotente una affermazione letta in Monumental Need di Servino e cito: "Ma per essere condivisa e sostenuta [la pietas] deve essere riconosciuta. Deve essere rappresentata [la pietas] in una forma generata dal bisogno. Deve mostrare fiera la sua genesi, ma assumere una dimensione dilatata ipertrofica ciclopica smisurata, Ma ancora riconoscibile. Una anamòrfosi liberatoria, immaginifica." 

La crisi che investe tutti i campi, dall'economia all'architettura, dalla sfera privata dell'individuo a quella pubblica della società, è la stessa, e appare valida per tutti la stessa soluzione. 

Il post però è cominciato partendo dal sacro. La crisi investe come non mai anche la chiesa. E questa non è una cosa da poco, soprattutto non riguarda solo i credenti. La chiesa per secoli ha acquietato gli animi, riempendo il vuoto che si crea negli uomini a causa della loro tensione naturale verso l'ignoto, fornendo delle  spiegazioni che apparivano plausibili e delle indicazioni sugli atteggiamenti da adottare che erano "accettabili", ossia abbastanza in linea con i tempi [mi scuso con i credenti, il mio è solo un ragionamento condotto sul filo della logica e che non riguarda il sentimento di fede, ma il modo in cui la fede è stata organizzata, strutturata dalla chiesa come istituto]. Nel corso del tempo ha dovuto riguardare le proprie posizioni e rimodellarsi più volte e così dalle indulgenze a pagamento si arriva ai preti opinionisti nelle trasmissioni tv o alle confessioni on line di questi giorni. Eppure, nonostante gli sforzi, l'istituzione va incontro ad una inevitabile perdita di senso. La sua forma male si concilia con quella della società che si va delineando. 

L'aveva probabilmente capito Giovanni Paolo II. Tra le figure, secondo me, più complesse del secolo scorso. Il primo forse a capire la gravità della situazione, sicuramente il primo che ha tentato di portare la chiesa al riparo su un percorso di salvezza (e salvare la chiesa in qualche modo contribuisce alla salvezza di tutti, perché ve lo immaginate il vuoto che si viene a creare se crolla la chiesa?!). Lo ha fatto, e in questo (ma non solo in questo) Ratzinger fa un passo indietro, cercando un contatto diretto con le persone, unendo le folle (si potrebbe dire cercando di ottenere il maggior numero di "like"), ma parlando e considerando all'interno di esse i singoli individui, facendo leva sui sentimenti che appartengono ad ogni uomo. Tentando di sollecitare, di risvegliare all'interno di ognuno il sentimento di carità cristiana. 

carità [ca-ri-tà] s.f. inv. 1. teol. Virtù teologale che consiste nell'amore verso Dio e verso il prossimo | 2. Sollecitudine verso gli altri, disponibilità ad aiutare i bisognosi.

E il concetto di carità non è forse strettamente connesso a quello di pietà?

pietà [pie-tà] s.f. inv1 Sentimento di chi ha compassione e partecipa al dolore altrui. | 2 Nel l. teologico del cristianesimo, uno dei sette doni dello Spirito Santo, consistente nella conveniente riverenza verso gli altri e verso Dio. 

E la pietà così come la si intende oggi, non nasce dall'appropriazione da parte della chiesa del concetto laico di pìetas?

Leggo alla voce pietas del dizionario treccani on line: 

pietas ‹pìetas› s. f., lat. [der. di pius «pio»]. – Termine corrispondente all’ital.pietà, ma che fino all’età imperiale ebbe soltanto il suo sign. originario (indicato al n. 2 a di pietà)*, e con tale sign. è usato talvolta anche in ital. (per es. nell’espressione la pietas di Enea, con riferimento all’Enea virgiliano), per evitare confusione con il sign. oggi corrente della parola.


*Nel linguaggio letter., con sign. più vicino a quello originario del lat. pietas, disposizione dell’animo a sentire affetto e devozione verso i genitori, verso la patria, verso Dio, e a operare di conseguenza, o, più in generale, rispetto reverenziale per ciò che è considerato sacro.

Bene, dove è il sacro oggi? Cosa è sacro oggi?
Tanti anni fa, mi venne in sogno un familiare defunto e mi disse una frase che al risveglio ricordai perfettamente (e stranamente), che non sapevo che significasse, ma che mi colpì e appuntai da qualche parte. Da allora non l'ho più dimenticata, per la sua stranezza forse, e ora, scrivendo, mi torna in mente: "L'individuo è dentro all'anima, chiedi a lui che ti risponde". 

Il senso del sacro va ricercato dentro se stessi, scendendo in fondo o risalendo alle origini, come si preferisce, purché si tocchi l'estremità del proprio essere, lì dove risiedono gli elementi che realmente ci accomunano agli altri, laddove riacquista senso la comunità e noi all'interno di essa. 

Si deve riconsiderare l'essere umano (speriamo che prenda questa forma l'umanesimo alle porte) nella sua totalità di creatura di carne dotata di intelletto, capace di provare sentimenti ma che reagisce anche per istinto a stimoli ed impulsi. Si deve partire dal basso, dal corpo di ognuno. E arrivare a ri-conquistare il sacro. 

Giovanni Paolo II, ha questo di straordinario, che strumentalizza e spettacolarizza  il suo dolore fisico. Capisce l'urgenza di ridare senso al sacro. E capisce che la spettacolarizzazione è uno strumento fondamentale per arrivare al maggior numero possibile di persone, di individui. Soprattutto (e anche questa è una forte differenza tra il suo pontificato e quello attuale), come Cristo non nega il corpo, parte da esso attraverso una delle due vie (il piacere e il dolore) percorribili per sentirlo, per avere percezione, per prendere coscienza di esso, e quindi della propria dimensione umana. 


Di Beniamino Servino su fotografia di Mario Ferrara. 

Prigioniero della simmetria/Prisoner of the symmetry.

NUOVO UMANESIMO. L'UOMO AL CENTRO DELL'ABBANDONO/
NEW HUMANISM. MAN IN THE MIDDLE OF THE ABANDONMENT.



Giovanni Paolo II tenta di salvare la chiesa riedificandola negli occhi (e nel cuore) dei fedeli, tenta di colmare il divario che si è venuto a creare tra la chiesa quale istituto (con i suoi interessi terreni) e quale detentrice e rappresentante di ciò che è sacro. Ci prova facendo leva sui sentimenti dei singoli individui, tentando di riattivarli, per di ridare un senso al concetto di comunità e utilizza per farlo la strumentalizzazione del dolore. La sua stessa condizione umana, di individuo tra gli individui. 

Quando ho condiviso sulla mia pagina fb il link di you tube postato da Michele Vassallo, dopo qualche minuto la mia amica virtuale Amina Iacuzio (sempre attenta e che ringrazio), commenta riportandomi questa citazione:  «Riandando con la memoria alla vita e alle opere della Fraternità e del Movimento (di Comunione e Liberazione), il primo aspetto che colpisce è l’impegno posto nel mettersi in ascolto dei bisogni dell’uomo di oggi. L’uomo non smette mai di cercare (…) L’unica risposta che può appagarlo acquietando questa sua ricerca gli viene dall’incontro con Colui che è alla sorgente del suo essere e del suo operare. Il Movimento, pertanto, ha voluto e vuole indicare non una strada, ma la strada per arrivare alla soluzione di questo dramma esistenziale...." (Giovanni Paolo II, febbraio 2002)

  
Mi piace a questo punto di riportare sotto alcune immagini che Carmelo Baglivo ha pubblicato sulla sua pagina fb qualche mese fa, suoi disegni intorno ai "luoghi sacri"




Luogo di culto (2), di Carmelo Baglivo

S. Pietro - Interno 2012, di Carmelo Baglivo

Crocifissione 2012, di Carmelo Baglivo



Chiudo con una citazione da Monumetal Need

"Piè-tas. Piè-tas. Piè-tas. Piè-tas. Prima un sussurro. Poi un coro. Poi un urlo. Poi un urlo ca-den-za-to. Com-pi-ta-to.

[L'accento non va sulla è, va sulla ì: pì-etas.]"


Cristina Senatore

Beniamino ServinoMonumental NeedNecessità MonumentaleLetteraVentidue Edizioni QUI